FREE HUGS…in Japan!

Sbirciando tra le foto di Facebook dei miei nuovi amici “kansai-gaidiani” ho trovato lo spunto per un nuovo articolo. L’immagine ispiratrice: un simpatico (e vertiginosamente alto) ragazzo americano in mezzo a una strada di non-so-quale città giapponese, che, sorridendo timidamente, tiene in mano un cartello con la scritta “Free hugs” bene in vista.

Per chi non lo sapesse, “Free hugs” (“abbracci gratis”) è un movimento sociale, senza scopo di lucro, nato a Sydney nei primi anni 2000 dalla mente di Juan Mann. L’idea è semplice: abbraccia uno sconosciuto e regalerai un momento di felicità inaspettato. Volontari di qualunque età si appostano in luoghi pubblici cittadini (strade, piazze, parchi etc.) e, con in mano la scritta “Free hugs” a grandi lettere, dispensano abbracci ai passanti che si lasciano coinvolgere da questo gesto gratuito e umano.

Tanto è stato il successo di questa iniziativa da farla diffondere in molti Paesi del mondo, tra cui il Giappone (come testimonia il video che troverete al link http://www.youtube.com/watch?v=nNooFXV-OYc&feature=related). Perchè meravigliarsi? direte voi. Beh, se aveste provato a prendere un autobus o un ascensore o ad esservi ritrovati per caso in un qualunque spazio chiuso con persone giapponesi, capireste il mio stupore.
Prima di partire tutti gli amici e conoscenti con alle spalle esperienze in terra nipponica mi avevano detto che “un gaijin (straniero) è e rimarrà sempre un gaijin agli occhi di un giapponese”, ma solo una volta qui mi sono resa effettivamente conto di questo fatto.
Settimana scorsa, ad esempio, ero seduta su un autobus; di fianco a me un posto vuoto. Fermata dopo fermata, il mezzo si riempie di gente; tutti i posti sono occupati, tranne il mio. Ad un certo punto, un signore di mezza età, carico di borse, sale, si guarda intorno e vede con costernazione che l’unico posto disponibile è vicino a una ragazza innegabilmente straniera (io!). Non potendone fare a meno, mi si siede di fianco e, inspiegabilmente (per me!) imbarazzatissimo, trascorre tutto il tempo del tragitto in bilico sul margine del sedile, tirando un sospiro di sollievo al momento della sua fermata.

Non fraintendetemi: leggendaria (e reale) è la cortesia giapponese nei confronti dello straniero o dello sconosciuto in generale, ma, per un gaijin, è davvero difficile riuscire ad oltrepassare la soglia di formalità che contraddistingue i comuni contatti interpersonali del quotidiano. Vivere in un ambiente universitario e multiculturale rende indubbiamente la mia vita qui molto più facile e ricca di scambi umani e culturali. In effetti, però, uscendo dall’ambiente protetto del campus, spesso mi sembra ci sia una specie di “vetro” immaginario a separarmi da quegli sguardi taglienti e impenetrabili che popolano la città al di fuori.

Ancora sono alla ricerca di una spiegazione al riguardo; ogni commento che possa dare una risposta a questo mio punto interrogativo è ben accetto!